Il Regolamento UE 2017/745 sui dispositivi medici (MDR) sottolinea in più punti l’importanza di condurre un’opportuna valutazione preclinica del dispositivo medico.
La valutazione preclinica ha il fine di fornire una base solida riguardo alla sicurezza del dispositivo medico, in termini di biocompatibilità e valutazione del rischio tossicologico, e di prestazione ed efficacia, compresa la definizione del meccanismo d’azione attraverso il quale il dispositivo raggiunge il suo intended purpose.
Questo tipo di valutazione deve essere basata su evidenze documentali e si deve fondare su dati sufficienti, che possono derivare da un esame critico e sistematico della letteratura preclinica scientifica esistente, e deve essere consolidata da eventuali test preclinici condotti sul device. I test preclinici includono quelli in silico, in vitro, ex vivo e in vivo.
In particolare, la valutazione preclinica è il mezzo attraverso il quale è possibile dimostrare la conformità ai requisiti generali di sicurezza e prestazione riportati dall’MDR nell’Allegato I, e specificatamente quelli relativi al Capo II. Infatti, in questo capo vengono delineati i requisiti relativi alla progettazione e alla fabbricazione del dispositivo, che possono essere soddisfatti unicamente attraverso la valutazione preclinica.
Inoltre, citando l’Allegato II del Regolamento, riguardo a quanto deve essere riportato all’interno della documentazione tecnica, nel punto 6.1 si evince che i dati preclinici riguardano e includono:
- “Risultati dei test quali test tecnici, di laboratorio, di uso simulato e su animali, e della valutazione della letteratura esistente pertinente al dispositivo, tenendo conto della sua destinazione d'uso, o a dispositivi simili, riguardanti la sicurezza preclinica del dispositivo e la sua conformità alle specifiche;
- Informazioni dettagliate concernenti la progettazione dei test, il protocollo di test completo o il protocollo di studio, metodi di analisi dei dati, oltre a sintesi di dati e conclusioni sui test riguardanti in particolare:
- la biocompatibilità del dispositivo compresa l'individuazione di tutti i materiali a contatto diretto o indiretto con il paziente o l'utilizzatore,
- la caratterizzazione fisica, chimica e microbiologica,
- la sicurezza elettrica e la compatibilità elettromagnetica,
- la verifica e la convalida del software […],
- la stabilità, compresa la durata di vita, e
- le prestazioni e la sicurezza. […]
Qualora non siano stati effettuati nuovi test, la documentazione contiene la motivazione di tale decisione. Un esempio di siffatta motivazione risiederebbe nel fatto che i test di biocompatibilità su materiali identici sono stati effettuati quando detti materiali erano incorporati in una precedente versione del dispositivo, legalmente immessa sul mercato o messa in servizio.”
Ed inoltre per i dispositivi a base di sostanze viene aggiunto al punto 6.2 (a): “Se un dispositivo contiene come parte integrante una sostanza che, se utilizzata separatamente, può essere considerata un medicinale ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 2001/83/CE, compreso un medicinale derivato dal sangue o dal plasma umani ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 8, primo comma, una dichiarazione a tale riguardo. In questo caso la documentazione indica le fonti di tale sostanza e contiene i dati relativi ai test effettuati per valutarne la sicurezza, la qualità e l'utilità, tenuto conto della destinazione d'uso del dispositivo.”
e al punto 6.2 (c): “Nel caso dei dispositivi costituiti da sostanze o associazioni di sostanze destinate a essere introdotte nel corpo umano e che sono assorbite dal corpo umano o in esso localmente disperse, informazioni dettagliate comprendenti la progettazione dei test, i protocolli completi di test o di studio, i metodi di analisi dei dati e sintesi di dati e conclusioni sui test, per quanto concerne gli studi riguardanti:
- assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione,
- possibili interazioni di tali sostanze, o dei relativi prodotti del metabolismo, nel corpo umano con altri dispositivi, medicinali o altre sostanze, tenuto conto della popolazione destinataria, nonché le relative condizioni cliniche,
- tolleranza locale, e
- tossicità, comprese tossicità per somministrazione unica, tossicità per somministrazioni ripetute, genotossicità, cancerogenicità, tossicità per la riproduzione e per lo sviluppo, applicabile a seconda del livello e della natura dell'esposizione al dispositivo.
In assenza di tali studi, è fornita una giustificazione.”
Dunque, alla luce di quanto riportato in MDR, il Fabbricante come deve agire per effettuare la valutazione preclinica del proprio dispositivo medico, al fine di rispondere correttamente alle richieste e ai requisiti del Regolamento e confermarne la conformità?
Sulla base delle caratteristiche del device e in modo particolare della natura e della durata del contatto del dispositivo con l’utilizzatore finale, ogni Fabbricante dovrà procedere con la verifica dell’efficacia preclinica e del meccanismo d’azione del proprio dispositivo medico e la valutazione della sua sicurezza biologica.
Per i dispositivi a base di sostanze, in entrambi i casi, il punto di partenza è sempre la caratterizzazione della formulazione di cui il dispositivo è costituito. Questo significa precisare l’esatta composizione qualitativa e quantitativa di tutti gli ingredienti (come % p/p), definirne l’origine e la funzione all’interno della formula, identificando qual è o quali sono le sostanze funzionali e quali gli eccipienti.
Valutazione dell’efficacia preclinica
Per quanto riguarda l’efficacia preclinica e il meccanismo d’azione, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, dell’MDR, un dispositivo medico non svolge la sua azione principale prevista mediante mezzi farmacologici, immunologici o metabolici (FIM), all'interno o sul corpo umano, ma può essere assistito nella sua funzione da tali mezzi.
Tipicamente, l’azione principale prevista del dispositivo medico è ottenuta con mezzi fisici, meccanici o chimici, ad esempio azione di barriera fisica con creazione di un film protettivo, di lubrificazione, di trasferimento di calore, radiazioni, ultrasuoni, sostituzione o supporto di organi o funzioni corporee, ecc. Inoltre, l'idratazione o la disidratazione e la modifica del pH possono essere mezzi attraverso i quali un dispositivo medico raggiunge la sua azione principale prevista. Quindi, meccanismi d’azione di tipo FIM non sono contemplati per i dispositivi medici, a meno che essi non siano unicamente di natura ancillare.
Il Fabbricante dovrà dunque dimostrare l’efficacia e la performance preclinica, definendo il meccanismo d’azione del proprio dispositivo. In primo luogo, attraverso un’approfondita e specifica ricerca di letteratura, valutando la presenza di studi preclinici pertinenti, ad esempio derivati da dispositivi equivalenti, che possano fornire dati a supporto della prestazione preclinica del proprio device.
Per i dispositivi a base di sostanze, essendo molto difficile la dimostrazione di equivalenza, è possibile sfruttare la letteratura per analizzare nel dettaglio i singoli ingredienti che compongono il dispositivo medico. Identificando i componenti a cui è attribuito il meccanismo d’azione, sarà possibile focalizzare la ricerca bibliografica sulle funzioni che essi svolgono, e con quale meccanismo d’azione tali effetti sono ottenuti, per poter trarre le opportune conclusioni sul dispositivo nella sua interezza.
Nel caso in cui il dispositivo contenga un ingrediente con una possibile azione di tipo FIM, il Fabbricante dovrà dimostrare che tale attività non può essere raggiunta dalla sostanza in questione, così come presente nel dispositivo, oppure, se tale azione viene raggiunta, deve essere comprovato che l’efficacia del dispositivo medico non dipende da questa azione ma che ha unicamente funzione di tipo ancillare.
Qualora le informazioni di letteratura non dovessero essere sufficienti a supportare a pieno la definizione del meccanismo d’azione e la dimostrazione di efficacia preclinica, o anche l’esclusione di un qualsiasi tipo di meccanismo d’azione FIM, il Fabbricante dovrà pianificare la conduzione di specifici test.
Attualmente è disponibile una vasta gamma di test in vitro e di modelli cellulari che permettono di mimare le effettive condizioni di utilizzo del dispositivo, sulla corretta zona target, e ottenere risultati solidi e rappresentativi. I test che si possono effettuare sono sia di dimostrazione del meccanismo d’azione e dell’efficacia, ad esempio un test di efficacia barriera, o di esclusione di attività di tipo FIM, ad esempio un test per verificare l’assenza di proprietà antinfiammatorie.
Valutazione di sicurezza preclinica
La valutazione di sicurezza preclinica, o valutazione biologica, dei dispositivi medici ha lo scopo di esaminare il comportamento dei materiali che costituiscono il dispositivo in condizioni simili all’ambiente biologico. La norma di riferimento per la valutazione della sicurezza biologica è la ISO 10993-1 che è attualmente alla sua quinta revisione, pubblicata nel 2018.
La valutazione biologica è in stretta connessione al processo di gestione del rischio, e per questo nella ISO 10993-1 viene più volte ripreso quanto presente nella ISO 14971, relativa proprio all’applicazione della gestione dei rischi ai dispositivi medici.
La sicurezza biologica deve essere valutata chiaramente in fase di sviluppo prodotto e di progettazione, in particolar modo per quanto concerne la scelta delle materie prime, dei materiali di confezionamento, il processo di produzione e, quando applicabile, le modalità di sterilizzazione. Tuttavia, il processo di valutazione della sicurezza biologica non si ferma a questo punto, ma continua poiché un dispositivo deve mantenere le sue caratteristiche di sicurezza e di performance per tutto il suo intero ciclo di vita. Questo si traduce in termini di definizione e controllo delle corrette condizioni e della durata di stoccaggio, delle condizioni di trasporto e, non da ultimo, della sicurezza di utilizzo del dispositivo medico.
Nella ISO 10993-1, così come nella ISO 14971, viene sottolineata la necessità e l’importanza di pianificare le attività di valutazione della sicurezza preclinica, attraverso la redazione di uno specifico piano di valutazione biologica (BEP).
Il BEP è l’insieme di attività che definiscono il profilo di biocompatibilità di un dispositivo in relazione al suo specifico rischio biologico per l’utilizzatore finale, e prende in considerazione tutti i dati disponibili, in particolare quelli derivati dalle ricerche bibliografiche e quelli già disponibili per il proprio device. Nel BEP, sulla base della norma ISO 10993-1, e in funzione della tipologia di device, della natura e della durata del contatto dello stesso con l’utilizzatore finale, saranno definiti gli endpoint che dovranno essere valutati per confermare la biocompatibilità del dispositivo. Se le informazioni a disposizione non sono sufficienti a coprire gli endpoint indicati dalla norma, nel BEP viene proposto un opportuno piano di testing in modo da ridurre il più possibile il rischio nell’utilizzo del dispositivo e garantire la sicurezza dell’utente finale. Le considerazioni che emergono nel BEP, così come i risultati dei test di biocompatibilità, vengono discusse e adeguatamente commentate e contestualizzate nel report di valutazione biologica (BER), in cui sarà possibile trarre le conclusioni complessive sulla biocompatibilità del dispositivo e, di conseguenza, sulla sua sicurezza.
Va però precisato che la conduzione dei test di biocompatibilità, o di alcuni test di biocompatibilità, non è sempre necessaria. Ad esempio, la revisione sistematica della letteratura, che è parte fondamentale della valutazione biologica, potrebbe permettere di raccogliere informazioni sufficienti e quindi di evitare la duplicazione e la conduzione di test non necessari. È chiaro che ogni situazione deve essere opportunamente analizzata con un approccio approfondito e case-by-case.
Per quanto concerne i dispositivi a base di sostanze, come sopracitato nel punto 6.2 dell’Allegato II dell’MDR, così come nel punto 10.1 (b), la valutazione della sicurezza biologica deve comprendere anche l’eventuale studio della tossicocinetica del dispositivo medico, ovvero studiare l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione (ADME) delle sostanze all’interno dell’organismo.
Dal momento che l’assorbimento è il punto di partenza della valutazione tossicocinetica, la definizione del profilo di assorbimento dei componenti di cui il dispositivo medico è costituito, effettuata attraverso una opportuna ricerca dei dati di letteratura pertinenti, permetterà di trarre conclusioni sul possibile comportamento cinetico del prodotto nella sua interezza.
Tale conclusione sarà fondamentale per definire la necessità di approfondire la valutazione tossicocinetica, dal momento che, se il dispositivo non può essere assorbito, allora le informazioni riguardanti la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione, risulterebbero non necessarie perché non pertinenti e applicabili.
Se invece, con i dati raccolti dalla ricerca bibliografica non è possibile valutare pienamente il potenziale assorbimento del dispositivo o non è possibile escludere la possibilità di assorbimento di una o più sostanze in esso contenute, allora il Fabbricante dovrà procedere con la valutazione completa dell’ADME o, in alternativa, potrà essere effettuato un test di assorbimento percutaneo/permucosale in vitro. Sulla base dei risultati del test sarà dimostrata l’assenza di assorbimento, oppure, in caso di assorbimento documentato, si dovrà procedere con la valutazione completa dell’ADME.
La prima scelta è la conduzione della valutazione dell’ADME su base bibliografica. Attraverso i dati di letteratura sarà possibile stabilire se la sostanza o le sostanze, una volta assorbite, possono determinare o meno un rischio tossicologico per l’utilizzatore finale. Nei rari casi in cui non è possibile definire l’ADME su base bibliografica, dovranno essere presi in considerazione studi di tossicocinetica in vivo.
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