Le "Riviste Predatorie": che cosa sono e come evitarle

Una sperimentazione clinica, ideata e progettata in modo rigoroso, comporta investimenti ingenti in termini di tempo ed effort per poter esser completata con successo. Pertanto, dove pubblicare poi i risultati dello studio non è una decisione da prendere alla leggera. La visibilità della ricerca, la relativa facilità d’accesso e gli effetti che questa avrà sulla comunità scientifica e sulla stessa reputazione dei ricercatori dipendono dalla rivista scientifica prescelta.

Il numero di editori e di riviste scientifiche che offrono la possibilità di pubblicare articoli è cresciuto costantemente negli ultimi anni, incentivato da diversi fattori, quali il crescente utilizzo di Internet, lo sviluppo e la diffusione dell’editoria Open Access (ovvero l’accesso online, senza alcuna restrizione, ad articoli pubblicati su riviste accademiche), così come la crescente pressione a pubblicare presente nel mondo accademico (la cosiddetta cultura “pubblica o perisci”).

Sfortunatamente, questo ha anche aperto la porta alla comparsa delle cosiddette “riviste predatorie” o “pseudo-riviste”, le quali millantano di essere riviste legittime, ma in realtà travisano la prassi editoriale di quest’ultime, avendo come finalità principale il profitto (per poter pubblicare gli autori sono costretti ad effettuare il pagamento di un contributo per i costi editoriali e di pubblicazione [Article Processing Charges]).

Si ritiene che il termine “rivista predatoria” sia stato coniato nel 2010 da Jeffrey Beall, un bibliotecario dell’università del Colorado. Tuttavia, come sottolineato da Grudniewicz et al. in un recente commento pubblicato sulla rivista Nature, non esiste tuttora un consenso sulla definizione di riviste predatorie. Grudniewicz e gli altri co-autori dell’articolo hanno raggiunto nell’ambito di un apposito summit la seguente intesa sulla definizione in oggetto: “Gli editori e le riviste predatorie sono enti che privilegiano il proprio interesse a scapito del sapere e che sono caratterizzati da informazioni false o fuorvianti, uno scostamento dalle buone pratiche (best practice) editoriali e di pubblicazione, una mancanza di trasparenza e/o un utilizzo di pratiche di sollecitazione aggressive ed indiscriminate”.

Elmore SA e Weston EH delineano, in una recente breve comunicazione, diverse caratteristiche comuni proprie delle riviste predatorie e forniscono informazioni utili su come identificare ed evitare tali riviste.

Come brevemente accennato in precedenza, le riviste predatorie sono caratterizzate da quanto segue:

  • Sollecitazione aggressiva ed indiscriminata. Le riviste predatorie spesso contattano i potenziali autori via e-mail e sollecitano in maniera ripetuta ed aggressiva l’invio di manoscritti, promettendo di frequente una pubblicazione accelerata. 
  • Informazioni false o fuorvianti presenti sul sito web o nelle e-mail delle riviste, quali i titoli di queste che spesso tendono a richiamare quelli di altre riviste legittime ben note, impact factor inesatti o impossibili da verificare, estremi di contatto errati o contradditori, dichiarazioni fuorvianti o false in merito al comitato editoriale (ad esempio componenti che non sono persone reali, o sono privi di credenziali rilevanti per l’ambito della rivista, o possiedono affiliazioni non verificabili), nonché affermazioni ingannevoli relativamente al processo di peer review (revisione da parte dei pari). Da segnalare che l’attestare falsamente di fornire un adeguato processo di peer review porta alla pubblicazione, su queste riviste predatorie, di articoli contenenti informazioni di bassa qualità, inaccurate o deliberatamente false, favorendo così la diffusione della disinformazione e compromettendo comunicazione e progresso scientifici.
  • Deviazioni rispetto alle best practice editoriali e di pubblicazione, come quelle stabilite nel documento “Principles of Transparency and Best Practice in Scholarly Publishing” rilasciato dalle organizzazioni “Directory of Open Access Journals” (DOAJ), “Open Access Scholarly Publishers Association” (OASPA), “Committee on Publication Ethics” (COPE) e “World Association of Medical Editors” (WAME). Esempi di tali scostamenti includono l’assenza di una politica (policy) in materia di ritrattazione (retraction) degli articoli e la richiesta di trasferimento dei diritti d’autore (copyright) di un articolo ad accesso aperto al momento della relativa sottomissione.
  • Mancanza di trasparenza nelle attività editoriali delle riviste (per quanto riguarda ad esempio i processi di accettazione e di peer review, i costi di pubblicazione, ecc.), nonché per quanto concerne gli estremi di contatto ed i membri dei comitati editoriali, come accennato in precedenza.

I suggerimenti degli autori per stabilire se una rivista o un editore sono da considerarsi “predatori” includono:

  • Diffidare delle sollecitazioni alla pubblicazione inviate per e-mail, specialmente se contenenti errori grammaticali.
  • Verificare il reale indice bibliometrico impact factor della rivista e se questa è effettivamente indicizzata in repertori bibliografici ufficiali, quali Medline.
  • Controllare accuratamente le informazioni indicate sul sito web della rivista, come il titolo, il comitato editoriale e gli estremi di contatto, gli standard editoriali e le procedure di pubblicazione di questa. Verificare inoltre se sono chiaramente riportati il processo di peer review, i costi di pubblicazione e la politica in materia di diritti d’autore della rivista.
  • Esaminare attentamente l’aspetto formale della rivista e degli articoli da questa pubblicati (ad esempio l’accuratezza di grammatica o ortografia).

Inoltre, gli autori mettono a disposizione un elenco di risorse online per poter verificare la qualità di una rivista, come i siti web di DOAJ, WAME e COPE, menzionati in precedenza.

In conclusione, le riviste predatorie costituiscono una minaccia globale per l’integrità accademica e scientifica. 

Di conseguenza è di fondamentale importanza che i ricercatori acquisiscano sempre più consapevolezza di questo fenomeno in continua crescita e siano in grado di distinguere la pubblicazione legittima da quella predatoria. Inoltre, gli autori devono essere consapevoli delle conseguenze negative che potrebbero derivare dalla sottomissione di articoli a riviste predatorie, come la perdita della loro reputazione e/o dei loro dati legittimi e dei risultati di studio, nonché il rischio di esser accusati di pubblicazione non etica.

Il team di PRINEOS è disponibile per supportarvi al meglio nel redigere e revisionare il vostro manoscritto scientifico, nonché nell’identificare la rivista scientifica legittima più adatta alle vostre specifiche esigenze.

 

S.A. Elmore & E.H. Weston. Predatory Journals: What They Are and How to Avoid Them. Toxicology Pathology. 2020; 48(4):607-610. DOI: 10.1177/0192623320920209 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7237319/

A. Grudniewicz, D. Moher, K.D. Cobey et al. Predatory journals: no definition, no defence. Nature. 2019; 576(7786):210-212. DOI: 10.1038/d41586-019-03759-y. https://media.nature.com/original/magazine-assets/d41586-019-03759-y/d41586-019-03759-y.pdf